Leadership presence and the courage to speak
un bell'articolo sul parlare in pubblico. L'autrice parte da una potentissima scena de "Il discorso del Re", quella quando il coach dice "perché dovrei perdere del tempo ad ascoltarti ?" ed il Re (balbuziente, per chi non ha visto il film) risponde "Perché ho una voce!". Secondo la professoressa Powell, sono tre gli elementi di successo in un discorso pubblico:
1. Speaking your mind. Dire quello che si ha in mente. Dire quello che si vuol dire, un concetto, un approfondimento, una questione, senza troppi giri di parole e tenendo a mente che chi ascolta ha un background suo, delle idee sue, ed in ultimo la capacità di accettare o rigettare parte di quello che diciamo se in conflitto con l'altrui punto di partenza. Tenere quindi presente per quanto possibile, quando possibile, cosa c'è nella testa altrui, cosa può essere interessante, quali pensieri può suscitare e quali reazioni. E, naturalmente se queste reazioni sono quelle che vorremmo, ed adeguare di conseguenza l'esposizione. Questa è quella fase in cui, prima (giorni, settimane) di esporre qualcosa ci si informa "chi vedrò ? cosa si aspettano di sentirsi dire ? Cosa importa loro ? Quali sono le loro priorità?". Questa fase di preparazione è importantissima, sono d'accordo.
2. From the heart, dal cuore. E' importante oltre all'asettico messaggio stabilire una connessione anche al livello emozionale, e perché questo accada occorre essere molto sinceri nel farlo. Non è la solita battuta rompighiaccio è qualcosa in più che trasferisca vero coinvolgimento. Una buona idea può essere un aneddoto su se stessi, giusto per essere in un campo autorevole (chi è più autorevole su se stesso, di se stesso?). Una volta, non avevo ancora letto questo articolo, ho raccontato durante l'introduzione di una mia paura da bambino, non l'ho fatto in maniera pianificata, ci stava e basta. L'effetto è stato eccezionale. 3. Even when your voice shakes, anche quando trema la voce. Perché capita sempre che prima di iniziare ci sia un po di stress. Anni fa in un corso me lo hanno definito come "stage fright", ovvero paura da palcoscenico. L'articolo suggerisce fra altre cose lo yoga, io però non sono tipo, e nel mio piccolo ho adottato la più tradizionale tecnica di imparare a memoria il primo minuto, minuto e mezzo, se proprio pensi di trovarmi con un livello di stress che rasenta l'ingestibile.
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